Mentre stampa e Tg, proprio qualche settimana fa, con un tono a metà tra romanticismo e trionfalismo si prodigavano a raccontare la dura vita della manodopera nei cantieri Tav, per il 90% composta da trasfertisti dai borghi di Calabria e Lucania, arriva lo schiaffo della realtà, quella vera, ben più terribile. Questa volta però, ovviamente, la notizia è più che sommessa.
Un gravissimo incidente ha coinvolto il cantiere Tav del Terzo Valico a Voltaggio (AL). Nel corso delle lavorazioni del “tunnel ferroviario più lungo d’Italia” nell’Appennino piemontese, è rimasto ucciso un giovane operaio di 33 anni, Salvatore Cucè, trasfertista calabrese, e un altro di 54, anch’egli trasfertista, è rimasto gravemente ferito. A causare l’incidente è stata la fuoriuscita di un gas naturale presente nel cuore di quelle montagne, il grisù, che incendiandosi ha provocato la deflagrazione.
A quanto dicono voci di cantiere, i soccorsi, non presenti in modo permanente sul luogo, sarebbero arrivati con grande ritardo (si parla di circa un’ora dopo l’incidente) e il giovane, in barba a ogni protocollo di sicurezza sul lavoro, sarebbe morto proprio all’arrivo dell’ambulanza. I sindacati hanno indetto uno sciopero di 24 ore. Certo, modesto, considerando che si tratta del secondo incidente mortale che coinvolge questo cantiere in pochi anni. Già nel 2018, infatti, un operaio era deceduto precipitando da un ponteggio.
Assassini. Assassini una, due, mille volte: un’ennesima morte che anticipa e porta con sè le future e prossime in arrivo: acque, terra, forme di vita sul territorio, umane e non. Davanti a tragedie come questa risulta evidente come cantieri, cemento e speculazione, ciò che qualcuno, gonfiandosi la bocca e (più furbamente) le tasche, chiama “progresso”, non possono che portare morte e devastazione.
Mentre il Ministro delle infrastrutture Salvini e il commissario per il Tav Mauceri, dalle loro comode poltrone esprimono il loro ipocrita cordoglio, agli operai coinvolti in questo scempio chiediamo: ne vale davvero la pena? E ricordiamo loro, con uno slogan no Tav che mai come adesso sembra più attuale: c’è lavoro e lavoro.
Alcune e alcuni valsusini.