SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALISTA AL KURDISTAN SOTTO ATTACCO
Il 20 Novembre la Turchia ha attaccato il Kurdistan con massicci bombardamenti aerei. Da quel giorno, il Rojava (Kurdistan occidentale) e il Başûr (Kurdistan meridionale) sono quotidianamente bombardati, nel silenzio della comunità internazionale. Non solo obiettivi militari, sono numerosi gli attacchi a target civili: scuole, ospedali, campi petroliferi, centrali elettriche, silos.
Facendo leva sull’attentato di Istanbul (immediatamente attribuito alle forze kurde, senza un reale risconto), Erdogan ha preso la palla al balzo e ha proseguito il suo piano di attacco al Kurdistan iniziato con l’invasione della zona di Afrin (2018) e Serekaniye (2019), e continuato con numerosi altri attacchi negli ultimi anni. L’obiettivo è spazzare via, politicamente e geograficamente, l’ esperienza rivoluzionaria del Rojava, che ha dimostrato come un altro modello di società non sia solo possibile, ma anche realizzabile. Un’esperienza scomoda all’ interno di uno scacchiere geopolitico in cui le grandi potenze vogliono sovradeterminare gli assetti e le dinamiche della regione.
Questi attacchi rivelano anche l’ipocrisia delle potenze internazionali. Le forze democratiche del Rojava sono state l’attore principale sul terreno nella guerra all’ISIS: ora che l’ISIS è stato sconfitto, vengon loro voltate le spalle e lasciati in mano alle mire espansionistiche turche. Inoltre, è palese come il silenzio della comunità internazionale abbia lasciato spazio alla Turchia, membro NATO e attore importante nella guerra in Ucraina, per sferrare micidiali attacchi a target civili, stessa tipologia di attacchi fortemente condannata in altre guerre, come ad esempio in Ucraina. Il messaggio è chiaro: ci sono guerre di serie A e di serie B, attori più o meno importanti e sacrificabili, a seconda di dove tira il vento.
Nonostante tutto ciò, il Kurdistan resiste senza fare un passo indietro. Sta anche a noi sostenerlo, impedendo repressioni, massacri e pulizie etniche che il regime turco compie anche grazie ai soldi e alle armi fornitegli dalle “democrazie occidentali”.
Bijî Kurdistan, Bijî Rojava